mercoledì 21 settembre 2016

LA SINDROME PREMESTRUALE: CAUSE E RIMEDI




Durante il periodo fertile accade (molto spesso) che la donna viva negativamente i giorni del ciclo mestruale, ma che viva ancor più negativamente la comparsa di una serie di sintomi che caratterizzano quella che viene definita Sindrome Premestruale (SPM).

Prima di addentrarmi nel complesso discorso della sintomatologia che caratterizza le diverse fasi del ciclo ormonale femminile è bene delineare quali siano tali fasi.


 FASE FOLLICOLARE: periodo che intercorre dal primo giorno di comparsa del ciclo mestruale fino al quattordicesimo giorno durante il quale si ha la maturazione dei follicoli ovarici. L’ipofisi rilascia l’ormone follicolostimolante (FSH) e l’ormone luteinizzante (LH) che contribuiranno alla maturazione.  

OVULAZIONE: periodo di 24 ore durante il quale il follicolo maturo rilascia l’ovocita (cellula uovo).

FASE LUTEINICA: periodo della durata media di 14 giorni durante il quale il follicolo maturo che precedentemente si era trasformato in corpo luteo secerne estrogeni e progesterone (preparazione ad una eventuale fecondazione dell’ovocita e conseguente impianto del blastocisti).

E’ proprio durante la fase luteinica (anche fino a 10 giorni prima dell’arrivo del ciclo mestruale) che può comparire la Sindrome Premestruale, caratterizzata da una serie di sintomi fisici e psicologici che cessano alla comparsa delle mestruazioni. Almeno l’80% delle donne manifesta la comparsa di alcuni di questi sintomi senza lamentare alcun disagio.


La Sindrome Premestruale si può presentare in due forme:

-          Sindrome premestruale di forma lieve/moderata (SPM). Colpisce circa il 20% - 32% delle donne in età fertile;

-          Sindrome premestruale di forma grave definita come Sindrome disforica della fase luteale tardiva (PMDD) che colpisce circa il 3% – 8% delle donne.


La sindrome premestruale è caratterizzata da svariati sintomi classificati in:

SINTOMI FISICI: 

-          gonfiore addominale;

-          tensione a livello del tessuto ghiandolare mammario;

-          dolori muscolari e articolari;

-          crampi, dolore addominale;

-          affaticamento generalizzato;

-          cefalea;

-          nausea;

-          stipsi o diarrea;

-          gonfiore alle estremità;

-          aumento di peso;

-          Ritenzione idrica.



SINTOMI PSICOLOGICI/COMPORTAMENTALI:

-          rabbia, irritabilità;

-          ansia;

-          variazioni di appetito (eccessiva introduzione di cibo o aumentato desiderio verso il cibo);

-          cambiamenti nella libido;

-          diminuzione della concentrazione;

-          sbalzi d'umore tendenti a forme depressive;

-          sonno carente o aumentato fabbisogno di sonno.



L’eziologia di entrambe le forme non è stata ancora ben definita. Numerosi studi hanno evidenziato la presenza di una spiccata sensibilità fisiologica, di molte donne, verso le variazioni dei livelli di estrogeni e progesterone che si verificano durante le fasi del ciclo ormonale, sensibilità attribuita ad una eventuale predisposizione genetica. Le diverse ipotesi fatte in merito alle cause scatenanti che portano alla comparsa dei sintomi più comuni riguardano l’aumento della ritenzione idrica e la comparsa del gonfiore. Questi potrebbero essere dovuti ad un’aumentata attività sia dell’aldosterone che della renina plasmatica. Altri studi suggeriscono il coinvolgimento dei neurotrasmettitori serotonina (5-HT) e acido γ-amminobutirrico (GABA). In particolar modo gli sbalzi d’umore ed i disturbi a livello gastrointestinale sarebbe attribuiti ad una drastica riduzione dei livelli di serotonina nell’organismo. Rimane il fatto che, la complessa e varia sintomatologia che colpisce sistematicamente ogni mese una buona percentuale della sfera femminile, tende ad influenzarne negativamente lo svolgimento delle attività quotidiane. Come conseguenza, la donna, spesso sopraffatta dallo sconforto, tende piuttosto a rinunciarvi che ad affrontarle serenamente, vivendo il periodo premestruale in uno stato di pseudo malattia.

Naturalmente, nei casi in cui la forma di SPM sia grave l’intervento del ginecologo e l’uso di un’appropriata terapia farmacologica saranno necessari. Nelle forme di entità lieve e moderata si potrà  intervenire, oltre che con terapie adeguate anche perseguendo un corretto stile di vita che comprenda l’introduzione di una dieta corretta dal punto di vista nutrizionale.



SINDROME PREMESTRUALE E ALIMENTAZIONE

Premesso che, seguire una corretta alimentazione comporti il mantenimento dell’organismo in un buono stato di salute, in caso di disturbi legati alla SPM sarebbe utile seguire uno schema alimentare, soprattutto nei 6-10 giorni che precedono l’arrivo delle mestruazioni, che rispetti il più possibile le seguenti regole:

1)      Limitare il consumo di zuccheri (soprattutto zuccheri semplici). Accade che, durante la fase premestruale, il nostro organismo richieda molti più zuccheri rispetto a quanti ne dovremmo introdurre normalmente (la donna avverte un desiderio incontrollato di introdurre “qualcosa di dolce”. La richiesta di glucidi avviene a causa della riduzione dei livelli di serotonina e comporta un aumento della sensazione di fame rivolta soprattutto al consumo di dolci.

2)      Limitare l’uso del sale come condimento e dei cibi molto salati. Per contrastare la ritenzione idrica, la comparsa del gonfiore alle estremità ed il temporaneo aumento del peso è bene ridurre il quantitativo di sale utilizzato come condimento (sale marino, dado da brodo, etc..) sostituendolo con erbe aromatiche e spezie. Evitare inoltre il consumo di cibi quali insaccati, formaggi stagionati, patatine, che andrebbero solo ad esacerbare la ritenzione di liquidi.

3)      Evitare il consumo di caffeina (thè, caffè, cioccolato, bevande al cacao). Il consumo di elevate quantità di caffeina potrebbe andare ad esacerbare alcuni sintomi. Tra i diversi studi fatti in merito a tale correlazione, un recentissimo studio prospettico condotto da Purdue-Smithe AC ed i suoi collaboratori ha dimostrato al contrario, come non esista una stretta correlazione tra un elevato consumo di caffeina e la comparsa e l’esacerbazione di alcuni sintomi, in particolar modo la cefalea e la tensione a livello del tessuto ghiandolare mammario. Comunque sarebbe bene consumare in maniera moderata bevande contenenti caffeina.   

4)      Evitare il consumo di latticini che vanno ad aumentare la ritenzione idrica e che a causa della presenza di lattosio possono accentuare i disturbi a livello intestinale.

5)      Consumare frutta, verdura di stagione, legumi e frutta secca. Sono tutti alimenti ricchi in magnesio in grado di mitigare la sintomatologia che turba la sfera psicologica.

6)      Consumare carboidrati complessi preferibilmente integrali ed evitare i lieviti. Il consumo di pasta, riso e pane integrali eviterà il repentino innalzamento dei glucidi nel sangue e contrasterà la comparsa di quei fastidiosi disturbi gastrointestinali che caratterizzano la sindrome premestruale. Di contro evitare temporaneamente l’introduzione di alimenti lievitati (pizze, dolci lievitati, etc..).

7)      Consumare cibi ricchi in Vitamine del Gruppo B. L’uso di cibi quali il pesce, gli spinaci, le patate, il latte contribuirà al mantenimento di un buon livello di serotonina.  

8)      Rispettare tutti i pasti principali della giornata senza saltarli in modo tale che l’organismo abbia, durante l’arco della giornata, tutti i nutrienti necessari e non si ritrovi a dover contrastare un sovraccarico di cibo concentrato solo in alcune ore che andrebbe ad affaticare e accentuare i disturbi gastrointestinali ed il gonfiore addominale.

9)      Bere abbondantemente acqua. L’introduzione di almeno due litri di acqua al giorno aiuta a contrastare la ritenzione idrica e a limitare il gonfiore alle estremità.

10)  Adottare uno stile di vita il meno sedentario possibile soprattutto nei giorni che precedono l’arrivo delle mestruazioni, per ridurre lo stato di ansia e lo stress e favorire il mantenimento di un buon livello di serotonina nell’organismo.  



SINDROME PREMESTRUALE E TERAPIA

Nelle forme di SPM lieve e moderata l’uso di integratori e fitoterapici, associato ad un corretto stile di vita e ad una giusta alimentazione potrà essere di aiuto per alleviarne la sintomatologia in modo naturale. Molto utili sono gli integratori a base di Vitamine del Gruppo B e quelli contenenti Sali di Magnesio.

Il fitoterapico più indicato in questi casi è l’agnocasto. L’agnocasto è un arbusto aromatico di cui si utilizzano i frutti maturi ed essiccati ricchi in flavonoidi (casticina, vitexina, isovitexina), alcaloidi (viticina), glucosidi iridoidi (agnuside e acubina) e la castina. La terapia naturale con agnocasto, potrà eventualmente essere associata ad una terapia farmacologica con le dovute attenzioni in quanto  l’agnocasto può dare interazioni con alcune classi di farmaci (estroprogestinici, antidopaminergici, etc).





Fonti bibliografiche:

-          Wendy S. Biggs And Robin H. Demuth -“Premenstrual Syndrome and Premenstrual Dysphoric Disorder” - Am Fam Physician. 2011;84(8):918-924

-          Purdue-Smithe AC, et all - “A prospective study of caffeine and coffee intake and premenstrual syndrome” - Am J Clin Nutr. 2016 Aug;104(2):499-507

-          Fabio Firenzuoli - “Interazioni tra erbe, alimenti e farmaci” - Ed. Tecniche Nuove (2013)






giovedì 8 settembre 2016

PSEUDOCEREALI: LA QUINOA


Il termine cereale prende origine da ‘Cerere’, la dea romana della fertilità dei campi (identificata dai Greci come la dea Demetra). I cereali  sono semi di piante erbacee  appartenenti alla   famiglia   delle Graminacee   (Classe delle Monocotiledoni),  i cui frutti,  ricchi  di amido e  sostanze proteiche, forniscono farine di alto valore nutritivo.
Ma alla Classe delle piante erbacee appartiene anche un’altra Sottoclasse, le Dicotiledoni, dalle quali derivano la categoria definita con il termine ormai di uso comune di Pseudocereali in modo tale da distinguerli da quelli considerati i “cereali per eccellenza”.
In questo mio breve lavoro desidero porre l’attenzione su uno di questi in particolare: la Quinoa. Classificata come un membro della famiglia delle Amaranthaceae (una grande famiglia di 160 generi e 2.400 specie), genere Chenopodium, la Quinoa (Chenopodium quinoa Willdenow) sta guadagnando importanza in particolare per i suoi contenuti di elevato valore nutrizionale.
La Quinoa è una pianta erbacea coltivata soprattutto per i suoi semi commestibili e facilmente digeribili; consumata anche come verdura a foglia. E’ considerato uno pseudocereale, in quanto non è una graminacea, ma presenta gli stessi utilizzi alimentari. E’ un pianta originaria della regione andina. La storia della quinoa è molto antica (circa 5000 anni fa). Le prime coltivazioni risalgono ai tempi delle popolazioni precolombiane (Maya e Inca). A livello globale, esistono più di 6000 varietà di quinoa coltivate dagli agricoltori. La quinoa è attualmente coltivata in tutta la regione andina, negli Stati Uniti, in Europa, Asia e Africa.  
E’ una pianta con una notevole capacità di adattamento alle diverse altitudini, alle caratteristiche del terreno e alle condizioni ambientali. A seconda delle varietà, infatti, le piante riescono a svilupparsi sia a livello del mare sia a 4000 m di altitudine, sia in terreni a pH acido che in terreni a pH basico, sia in zone tropicali a clima umido come in zone aride o semidesertiche, risultando in questi casi una pianta molto resistente alla siccità.

PROFILO NUTRIZIONALE
Dal punto di vista nutrizionale il seme di quinoa è considerato una fonte molto importante di proteine, ne contiene dal 12% al 18% a seconda della varietà (percentuale di molto superiore alla media dei cereali tradizionali). Tutti gli amminoacidi essenziali sono risultati essere presenti nei semi di quinoa. In particolare, le proteine di quinoa sono ad alto contenuto di lisina (4,8 g / 100 g proteine) e treonina (3,7 g / 100 g di proteine). La quinoa ha una composizione amminoacidica simile a quella del riso ma con un maggior contenuto in lisina (4,8 g / 100 g di proteine), ma inferiore in leucina (6,0 g / 100 g di proteine) e valina (3,7 g / 100 g proteina).
Il contenuto in lipidi è compreso tra il 4,1% e l’8,8% con una preponderanza di acidi grassi insaturi (acido linoleico e acido oleico). Confrontandolo con i cereali tradizionali, il contenuto lipidico della quinoa è da dieci a venti volte superiore alla media.
Il contenuto in carboidrati, costituiti per la quasi totalità da amido, varia in media dal 58,1% al 64,2% della sostanza secca, di cui 11% è amilosio. In particolare glucosio (1,70 mg / 100 g), fruttosio (0,20 mg / 100 g), saccarosio (2,90 mg / 100 g) e maltosio (1,40 mg / 100 g). A tal proposito è importante considerare anche l’Indice Glicemico (GI) della quinoa. Il valore di GI può variare in un intervallo compreso tra 35-53 a seconda del tempo di cottura dell’alimento.  
È molto ricca di nutrienti essenziali come vitamine e minerali in concentrazioni di molto superiori rispetto ai cereali. Buona fonte di vitamine del gruppo B (tiamina, riboflavina, piridossina), vitamina E e folati.
I minerali principali sono: calcio (87 mg / 100 g), ferro (9.47 mg / 100 g), potassio (907 mg / 100) e magnesio (362 mg / 100 g).  
La quinoa è un’ottima fonte di fibra alimentare (78% di fibra insolubile e 22% di fibra solubile).
Nella tabella sottostante è indicato il profilo nutrizionale della quinoa in comparazione con quello di alcuni cereali tradizionali

ALIMENTO

ENERGIA (kcal)

PROTEINE

AMINOACIDI ESSENZIALI

CARBOIDRATI (g)

LIPIDI (g)
ACIDI GRASSI INSATURI (g)

FIBRA (g)

GI
Quinoa
120
4.4
10/10
21.3
1.92
1.61
2.8
35-53
Riso (bianco)
130
2.38
9/10
28.59
0.21
0.12
0.3
75-89
Grano
113
3.6
10/10
25.12
0.66
0.35
4.23
48
Mais
96
3.41
9/10
20.98
1.5
0.98
2.4
60

ANTINUTRIENTI: LE SAPONINE
I semi di quinoa contengono quantità significative di saponine (dal 2% al 5%), sostanze tossiche che costituiscono un sistema di difesa per la pianta in quanto rendono il seme indigesto ai predatori e lo proteggono da agenti infestanti (soprattutto funghi). Dal punto di vista chimico si identificano le saponine sono dei glicosidi terpenici, che conferiscono al seme un sapore amaro. A tal proposito il seme di quinoa è comunemente classificato come '' dolce ''o '' amaro '', in riferimento al suo contenuto in saponine.
Da un punto di vista nutrizionale le saponine sono considerate sostanze antinutrizionali a causa della loro capacità di ridurre l’assorbimento intestinale dei macronutrienti (carboidrati, lipidi e proteine). Studi effettuati su modelli murini hanno confermato l’azione negativa esercitata dalla presenza di un’elevata percentuale di saponine sulla crescita e sull’assorbimento dei nutrienti in topi alimentati con una dieta a base di quinoa.
Durante il processo di lavorazione dei semi di quinoa per l’ottenimento del prodotto che troviamo in commercio con il nome di quinoa perlata, i semi vengono sottoposti ad un trattamento che favorisce la completa eliminazione delle saponine, la desaponificazione in modo da rendendolo un alimento adatto al consumo umano.
Ma recenti studi riguardanti la composizione e le proprietà delle saponine hanno mostrato che esiste il risvolto della medaglia, mettendone in evidenza le potenziali attività biologiche positive quali:
-          Attività ipocolesterolemizzante;
-          Attività antibatterica e antifungina (soprattutto vs Candida albicans);
-          Proprietà antiossidante;
-          Attività antitumorale;
-          Proprietà antinfiammatoria.
In particolar modo per quanto riguarda l’attività antinfiammatoria è stato dimostrato che la presenza delle saponine nella quinoa è associata ad una forte inibizione della iperproduzione dei mediatori dell’infiammazione quali l’Ossido Nitrico (NO), il Tumor Necrosis Factor (TNF-α) e l’Interleuchina-6 (IL-6). Questi risultati suggeriscono che le saponine potrebbero essere prese in considerazione quali componenti aggiuntivi in alimenti funzionali per la prevenzione ed il trattamento dell’infiammazione. Naturalmente studi sono in atto per dimostrare ed approfondire le potenzialità positive di queste sostanze.

QUINOA E CELIACHIA
Fino ad oggi, l'unico approccio terapeutico accettabile per la malattia celiaca (CD) è una eliminazione rigorosa dalla dieta degli alimenti contenenti glutine, ma questa dieta non garantisce sempre un adeguato apporto nutrizionale. Negli ultimi anni gli pseudocereali hanno ricevuto una notevole attenzione in qualità di interessante alternativa per la formulazione di prodotti senza glutine. Tra questi, la quinoa costituisce una valida alternativa nutrizionale agli alimenti a base di cereali tradizionali contenenti glutine.  
Tra i tanti studi effettuati negli ultimi anni, quello condotto da Zevallos VF et all  ha dimostrato che l’assunzione quotidiana di quinoa (50 g / die di quinoa per 6 settimane) da parte di diciannove pazienti celiaci, come parte della loro consueta dieta priva di glutine, ha comportato la comparsa di effetti positivi sia sul quadro istologico degli enterociti che sui loro valori ematochimici.


Fonti bibliografiche:
-         Gordillo-Bastidas E., et all -  Quinoa (Chenopodium quinoa Willd), from Nutritional Value to Potential Health Benefits: An Integrative Review - J Nutr Food Sci 2016, 6
-         Didier B., et all - Worldwide Evaluations of Quinoa: Preliminary Results from Post International Year of Quinoa FAO Projects in Nine Countries - Frontiers in Plant Science June 2016 | Volume 7 | Art. 850
-        Verena N., et all - Assessment of the nutritional composition of quinoa (Chenopodium quinoa Willd.) - Food Chemistry 193 (2016) 47–54
-        Yang Y., et all - Anti-Inflammatory Activity of Saponins from Quinoa (Chenopodium quinoa Willd.) Seeds in Lipopolysaccharide-Stimulated RAW 264.7 Macrophages Cells - Journal of Food Science April 2014;
-        Carla M., et all - Protein content and amino acids profile of pseudocereals - Food Chemistry 193 (2016) 55–61
 -    Ilce G. Medina-Meza, et all - Profiling of Triterpenoid Saponins from 28 Quinoa Varieties   (Chenopodium quinoa Willd.) grown in Washington State by GC-MS - J. Agric. Food Chem., August 15, 2016
-         Zevallos VF, et all - Gastrointestinal effects of eating quinoa (Chenopodium quinoa Willd.) in celiac patients. - Am J Gastroenterol 109: 270-278, 2014




lunedì 29 agosto 2016

IL SULFORAFANO E LE SUE PROPRIETA'

I numerosi studi sperimentali che abbiamo oggi a disposizione dimostrano ampiamente che la nutrizione gioca un ruolo importante nella comparsa di molti tumori: gli alimenti, oltre a contenere numerose sostanze ad azione cancerogena, ne possiedono altrettante in grado di svolgere un ruolo protettivo contro l’insorgenza del cancro. Il sulforafano si è dimostrato essere una delle più valide sostanze ad azione chemiopreventiva.
Il sulforafano è un
isotiocianato (molecola con un atomo di zolfo nella sua struttura) costituente la forma attiva della glucorafanina, un glucosinolato presente in elevate concentrazioni in alcune piante erbacee appartenenti
alla famiglia delle
Cruciferae o Brassicaceae comprendenti broccoli, cavoli, cavolfiori e cavoletti di Bruxelles.
Quando le foglie della pianta vengono masticate, la parete cellulare si rompe e l’enzima
mirosinasi (ß- tioglucosidasi presente nella pianta ma anche prodotto dalla flora batterica intestinale dell’uomo) viene liberato, catalizzando la reazione d’idrolisi della glucorafanina in sulforafano.
In seguito al processo digestivo, il sulforafano è assorbito nel sangue, si accumula velocemente nei tessuti raggiungendo picchi plasmatici molto elevati (fino a 2,27 µmol/L) fino a un’ora dopo la digestione. In seguito è eliminato attraverso le vie urinarie.
È bene tenere presente che nei soggetti la cui flora intestinale è danneggiata — a causa di abuso di farmaci, presenza di patologie croniche del tratto gastrointestinale o per il protrarsi di una dieta scorretta — la produzione della mirosinasi potrebbe non essere sufficiente e quindi il sulforafano potrebbe non esercitare gli stessi effetti sistemici che ha nei soggetti sani.
La scoperta del sulforafano è avvenuta nel 1992 ad opera di Zhang Y.
et al, i quali dimostrarono che gli isotiocianati (in particolar modo il sulforafano contenuto in elevata quantità soprattutto nei broccoli — Brassica oleracea italica) sono in grado, su modelli murini, di bloccare la carcinogenesi chimica indotta attraverso due meccanismi:

1. l’inibizione degli enzimi di fase I (attivazione delle molecole pro-carcerogene);
2. l’induzione delle reazioni di fase II e cioè di tutti quei meccanismi endogeni enzimatici mediante i quali le
cellule si proteggono dai danni ossidativi, affinché i radicali liberi (Specie Reattive dell’Ossigeno, ROS)
siano eliminati prima che causino danni cellulari che possano condurre alla comparsa di mutazioni e,
conseguentemente, di tumori.
Inoltre il sulforafano media una serie di percorsi antitumorali, compresi l’attivazione della morte cellulare
programmata
(apoptosi), l’induzione dell’arresto del ciclo cellulare e l’inibizione del fattore di trascrizione NfkB.
Inoltre è in grado di inibire l’angiogenesi e la diffusione metastatica, attraverso la riduzione della formazione
microcapillare.
Oltre a valutare le indiscusse proprietà antitumorali è stata studiata la potenziale attività del sulforafano in presenza di altre condizioni patologiche.
Uno studio del 2015 ha messo in relazione il sulforafano e le sue proprietà antiossidanti in presenza di infezione da
Helicobacter pylori a livello della mucosa gastrica. È ormai accertato che l’infezione causata dal batterio gram negativo provoca, a livello dello stomaco, una reazione infiammatoria cellulare con conseguente rilascio da parte delle cellule infiammatorie di ROS, attivazione del processo di perossidazione lipidica ed inevitabile danno tissutale. Il sulforafano ha mostrato una forte attività battericida in vitro contro H. pylori.
Inoltre si è dimostrato essere altamente attivo in numerosi isolati clinici risultati resistenti ad alcuni antibiotici
(claritromicina e metronidazolo).
I risultati ottenuti suggeriscono che l’assunzione quotidiana di germogli di broccoli potrebbe svolgere un ruolo
citoprotettivo nei confronti della mucosa gastrica in presenza di infezione da H. pylori.
Un altro ambito dove sono state studiate le potenziali proprietà del sulforafano è il diabete, in particolar modo
per quanto riguarda le complicanze vascolari provocate dalla malattia stessa.
Modelli murini con diabete di tipo I indotto mediante streptozocina a basso dosaggio (oltre al relativo gruppo di controllo) in seguito alla regolare assunzione di sulforafano per tre mesi hanno mostrato un miglioramento delle condizioni cardiovascolari, soprattutto a livello dell’arteria aorta.
Le molteplici proprietà di questa molecola permettono di considerarla una sostanza ad azione chemiopreventiva potenzialmente utile sia da sola sia in combinazione con la chemioterapia clinica nei confronti di molte forme tumorali. I numerosi studi sperimentali presenti e futuri contribuiranno a metterne in evidenza le ulteriori potenziali proprietà benefiche sulla salute dell’uomo.

Dottoressa Mariagrazia Apice

Articolo pubblicato su www.lascuoladiancel.it

Bibliografia:
Zhang Y,
et al. A major inducer of anticarcinogenic protective enzymes from broccoli: isolation and
elucidation of structure
— Proc Natl Acad Sci U S A. 1992 Mar 15;89(6):2399-403
Sestili P, Fimognari C —
Cytotoxic and Antitumor Activity of Sulforaphane: The Role of Reactive Oxygen
Species
— Biomed Res Int. 2015;2015:402386. doi: 10.1155/2015/402386
Chang YW,
et al. The Effects of Broccoli Sprout Extract Containing Sulforaphane on Lipid Peroxidation
and Helicobacter pylori Infection in the Gastric Mucosa
— Gut Liver. 2015 Jul;9(4):486-93. doi:
10.5009/gnl14040
Miao X,
et al. Sulforaphane prevention of diabetes-induced aortic damage was associated with the upregulation of Nrf2 and its down-stream antioxidants — Nutr Metab (Lond). 2012 Sep 15;9(1):84. doi:
10.1186/1743-7075-9-84
Tortorella SM,
et al. Dietary Sulforaphane in Cancer Chemoprevention: The Role of Epigenetic
Regulation and HDAC Inhibition
— Antioxid Redox Signal. 2015 Jun 1;22(16):1382-424. doi:
10.1089/ars.2014.6097