giovedì 8 marzo 2018

FIBROMIALGIA: LA MALATTIA "IMMAGINARIA"




Fibromialgia, (o sindrome fibromialgica),  è un termine che deriva dal latino " fibra“ (fibra) e dal greco „myo“ (muscolo) e „algos“ (dolore) con il quale si individua una patologia cronica, ad eziologia sconosciuta, caratterizzata da dolore muscolo-scheletrico diffuso e da sintomi extra-scheletrici a carico di numerosi organi e apparati. Il dolore interessa in particolar modo i muscoli e le loro inserzioni tendinee, i legamenti e i tessuti periarticolari. Non è un dolore che colpisce le articolazioni.

UN PO‘ DI STORIA


Il termine fibrosite fu coniato dal fisico britannico Sir William Gowers nel 1904 e non fu cambiato fino al 1976, quando il Dr. Philip Hench introdusse il termine di fibromialgia che significa “dolore nei muscoli”. Molti anni dopo nel 1990 fu ridefinita quale “sindrome di dolore cronico diffuso” dall’American College of Rheumatology (ACR).
Due anni dopo fu inserita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità  nel sistema di classificazione delle malattie (ICD-10; 1992). Nel 1994 la fibromialgia viene riconosciuta dall’International Association of the Study of Pain (IASP) come una condizione patologica.



All’origine di tale sindrome contribuirebbero sia fattori biologici (genetica, bassa soglia del dolore, alterazioni neuroendocrine, cambiamenti ormonali, anomalie del sonno) sia fattori psicologici e socioculturali. Inoltre, numerose situazioni ambientali inducenti ansia e stress sono state chiamate in causa come possibili fattori scatenanti la malattia.
Dal punto di vista epidemiologico la sindrome fibromialgica prevale maggiormente nel sesso femminile (80-90%), con un picco nella fascia d’età compreso tra i 30 e i 50 anni e con un rapporto maschi/femmine di 1:9. Questa notevole differenza di genere non ha trovato ancora una risposta ma tra le ipotesi fatte ci sono:
una diversa interazione tra fattori genetici, biologici, psicologici e socio culturali nei due sessi e la presenza di un numero maggiore di punti dolorabili nelle donne, a qualsiasi età rispetto al sesso maschile.


SINTOMATOLOGIA
La fibromialgia è una patologia cronica caratterizzata da dolore muscolo-scheletrico diffuso e da presenza di punti algogeni (tender points) evocabili alla pressione in corrispondenza di specifici
distretti muscolari e tendinei.
Oltre a tale sintomatologia i pazienti descrivono la comparsa di svariati sintomi clinici d’accompagnamento che portano a definirla quale patologia a quadro sintomatologico multiforme.
Per la natura multiforme e per la sovrapposizione con altre sindromi dolorose croniche la diagnosi risulta essere molto difficile.

SINTOMI SPECIFICI:
    dolore;
    astenia;
    turbe del sonno.

SINTOMI ASPECIFICI:
    Ansia e depressione;
    disturbi di concentrazione;
    Sindrome del colon irritabile;
    cefalea;
    dolore toracico;
    sensazione di gambe senza riposo e di gonfiore alle mani;
    bruciore alla minzione.

CRITERI DI CLASSIFICAZIONE


I criteri di classificazione sviluppati dall'ACR nel 1990 si basavano sulla presenza del  dolore diffuso quale sintomo principale per fare diagnosi di sindrome fibromialgica.
Nel 2010 tali criteri vennero implementati introducendo i sintomi extra-scheletrici (disturbi del sonno, ansia, depressione, disturbi di concentrazione).
Nel 2011 i criteri sono stati modificati fino all'introduzione delle ultime modifiche (2016) utilizzate ancora oggi.  La revisione del 2016 ha richiesto la valutazione di almeno quattro quadranti del corpo, assegnando per ognuno un punteggio di gravità dei sintomi elevato (>9) per una diagnosi di fibromialgia. Questi cambiamenti introducono una maggiore eterogeneità nella diagnosi dei pazienti con fibromialgia, in quanto alcuni possono presentarsi con disagio affettivo elevato e poco dolore muscolare, e altri possono presentare alti livelli di dolore muscolare ed un meno evidente disagio nelle manifestazioni d’affetto e disturbo del sonno meno accentuato.
Negli ultimi anni la ricerca ha cercato di fornire una spiegazione della comparsa della fibromialgia studiando le variazioni di alcuni markers biochimici.
I più indagati sono stati: gli ormoni ipotalamici e i neuropeptidi.
E‘ stato dimostrato come nei soggetti fibromialgici ci sia uno squilibrio tra l’ormone ipotalamico rilasciante l’ormone adrenocorticopropo (ACTH) e i livelli di cortisolo  suggerendo  una  iperreattività  nella risposta  dell’ipofisi in seguito  all’attivazione a livello ipotalamico.
La presenza di alti livelli di anticorpi antiserotoninici e di polimorfismi a carico dei geni che codificano per i trasportatori della serotonina (5-HT) sono stati associati alla presenza della sindrome da stanchezza cronica che più comunemente i pazienti lamentano.
Inoltre sono stati riscontrati alti livelli di interleuchine (IL-6, IL-8, IL-10).
Questi risultati indicano la presenza in questi pazienti di una stretta correlazione tra sistema neurologico, endocrino e immunitario che si traduce nello sviluppo della sensibilizzazione centrale che caratterizza la fibromialgia.
Altre risposte sono state cercate attraverso la valutazione di una possibile predisposizione genetica alla fibromialgia. In un recentissimo studio è stata messa in evidenza la correlazione tra la presenza di alcuni polimorfismi a carico dei geni coinvolti nelle vie serotoninergica, dopaminergica e catecolaminergica e l’eventuale predisposizione allo sviluppo della fibromialgia


FIBROMIALGIA E ALIMENTAZIONE
Essendo la sindrome fibromialgica una patologia cronica con una sintomatologia multifattoriale e con una diagnosi non sempre facile anche per quanto riguarda l’alimentazione non esiste una dieta specifica. Ma con degli accorgimenti adeguati attraverso una correnta alimentazione si possono andare ad alleviare i sintomi in modo tale da migliorare la qualità di vita dei nostri pazienti. Ricordando quanto detto precedentemente sulla presenza di alterazioni a carico del sistema neuroendocrino, del sistema immunitario a favore di un aumento dei processi infiammatori, si può pensare di favorire l’assunzione di alimenti che vadano a ridurre tale stato infiammatorio.

Tra gli alimenti consentiti:

-          frutta e verdura di stagione (elevato potere antiossidante e buon apporto di sali minerali);
-          proteine vegetali e animali soprattutto provenienti da carni bianche e da pesce ricco anche in acidi grassi essenziali (omega-3) che favoriscono l’abbassamento del colesterolo LDL;
-          Cereali integrali solo nel caso in cui non ci sia una sintomatologia a livello gastrointestinale.

E‘ importante che il paziente fibromialgico beva molta acqua (no bevande zuccherate) e che riduca la quantità di sale nei cibi in quanto bisogna ridurre al minimo la comparsa di edemi che sono frequenti soprattutto nel paziente fibromialgico obeso.
Limitare il consumo di legumi (soprattutto fagioli e soia) a causa dell’elevato contenuto in lectine (proteine in grado di stimolare fortemente il sistema immunitario ed aumentare il processo infiammatorio a livello sistemico)
Ridurre l’assunzione di zuccheri (soprattutto dolci). A tal proposito uno studio del 2017 ha messo in evidenza come l’assunzione di una dieta low FODMAP (Fermentable Oligosaccharides Disaccharides Monosaccharides And Polyols), in cui vengono eliminati dalla dieta una serie di zuccheri apporti dei benefici nei pazienti fibromialgici soprattutto in presenza di sindrome del colon irritabile. 

Dott.ssa Mariagrazia Apice



BIBLIOGRAFIA

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-          Dinesh Kumbhare et all. A narrative review on the difficulties associated with fibromyalgia diagnosis - Ther Adv Musculoskel Dis 2018, Vol. 10(1) 13–26

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-          Dong-Jin Park and Shin-Seok Lee. New insights into the genetics of fibromyalgia - Korean J Intern Med 2017;32:984-995

-          Ana Paula Marum et all. A low fermentable oligo-di-mono-saccharides and polyols (FODMAP) diet is a balanced therapy for fibromyalgia with nutritional and symptomatic benefits - Nutr Hosp. 2017; 34(3):667-674