Fibromialgia, (o
sindrome fibromialgica), è un termine
che deriva dal latino " fibra“
(fibra) e dal greco „myo“ (muscolo) e
„algos“ (dolore) con il quale
si individua una patologia cronica, ad eziologia sconosciuta, caratterizzata da
dolore muscolo-scheletrico diffuso e da sintomi extra-scheletrici a carico di
numerosi organi e apparati. Il dolore interessa in particolar modo i muscoli e
le loro inserzioni tendinee, i legamenti e i tessuti periarticolari. Non è un
dolore che colpisce le articolazioni.
UN PO‘
DI STORIA
Il termine fibrosite fu coniato dal fisico
britannico Sir William Gowers nel 1904 e non fu cambiato fino al 1976, quando
il Dr. Philip Hench introdusse il termine di fibromialgia che significa “dolore nei muscoli”. Molti
anni dopo nel 1990 fu ridefinita quale “sindrome di dolore cronico diffuso”
dall’American College of Rheumatology (ACR).
Due anni dopo fu
inserita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel sistema di classificazione delle malattie
(ICD-10; 1992). Nel 1994 la fibromialgia viene riconosciuta dall’International
Association of the Study of Pain (IASP) come una condizione patologica.
All’origine di tale
sindrome contribuirebbero sia fattori biologici (genetica, bassa soglia del
dolore, alterazioni neuroendocrine, cambiamenti ormonali, anomalie del sonno)
sia fattori psicologici e socioculturali. Inoltre, numerose situazioni
ambientali inducenti ansia e stress sono state chiamate in causa come possibili
fattori scatenanti la malattia.
Dal punto di vista
epidemiologico la sindrome fibromialgica prevale maggiormente nel sesso
femminile (80-90%), con un picco nella fascia d’età compreso tra i 30 e i 50
anni e con un rapporto maschi/femmine di 1:9. Questa notevole differenza di
genere non ha trovato ancora una risposta ma tra le ipotesi fatte ci sono:
una diversa
interazione tra fattori genetici, biologici, psicologici e socio culturali nei
due sessi e la presenza di un numero maggiore di punti dolorabili nelle donne,
a qualsiasi età rispetto al sesso maschile.
SINTOMATOLOGIA
La fibromialgia è
una patologia cronica caratterizzata da dolore
muscolo-scheletrico diffuso e da
presenza di punti algogeni (tender points) evocabili alla pressione in corrispondenza di
specifici
distretti muscolari e tendinei.
distretti muscolari e tendinei.
Oltre a tale
sintomatologia i pazienti descrivono la comparsa di
svariati sintomi clinici d’accompagnamento che portano a definirla quale
patologia a quadro sintomatologico multiforme.
Per
la natura multiforme e per la sovrapposizione con altre sindromi dolorose
croniche la diagnosi risulta essere molto difficile.
SINTOMI
SPECIFICI:
– dolore;
– astenia;
– turbe del sonno.
SINTOMI
ASPECIFICI:
– Ansia e depressione;
– disturbi di concentrazione;
– Sindrome del colon irritabile;
– cefalea;
– dolore toracico;
– sensazione di gambe senza riposo e di gonfiore alle
mani;
– bruciore alla minzione.
I criteri di
classificazione sviluppati dall'ACR nel 1990 si basavano sulla presenza
del dolore diffuso quale sintomo
principale per fare diagnosi di sindrome fibromialgica.
Nel 2010 tali criteri vennero implementati
introducendo i sintomi extra-scheletrici (disturbi del sonno, ansia,
depressione, disturbi di concentrazione).
Nel 2011 i criteri sono stati modificati fino all'introduzione delle ultime
modifiche (2016) utilizzate ancora oggi. La revisione del 2016 ha richiesto la
valutazione di almeno quattro quadranti del corpo, assegnando per ognuno un
punteggio di gravità dei sintomi elevato (>9) per una diagnosi di
fibromialgia. Questi cambiamenti introducono una maggiore eterogeneità nella
diagnosi dei pazienti con fibromialgia, in quanto alcuni possono presentarsi
con disagio affettivo elevato e poco dolore muscolare, e altri possono
presentare alti livelli di dolore muscolare ed un meno evidente disagio nelle
manifestazioni d’affetto e disturbo del sonno meno accentuato.
Negli ultimi anni
la ricerca ha cercato di fornire una spiegazione della comparsa della
fibromialgia studiando le variazioni di alcuni markers biochimici.
I più indagati sono
stati: gli ormoni ipotalamici e i neuropeptidi.
E‘ stato dimostrato
come nei soggetti fibromialgici ci sia uno squilibrio tra l’ormone ipotalamico
rilasciante l’ormone adrenocorticopropo (ACTH) e i livelli di cortisolo suggerendo
una iperreattività nella risposta dell’ipofisi in seguito all’attivazione a livello ipotalamico.
La presenza di alti
livelli di anticorpi antiserotoninici e di polimorfismi a carico dei geni che
codificano per i trasportatori della serotonina (5-HT) sono stati associati
alla presenza della sindrome da stanchezza cronica che più comunemente i
pazienti lamentano.
Inoltre sono stati
riscontrati alti livelli di interleuchine (IL-6, IL-8, IL-10).
Questi risultati indicano la presenza in questi pazienti di una stretta
correlazione tra sistema neurologico, endocrino e immunitario che si traduce
nello sviluppo della sensibilizzazione centrale che caratterizza la
fibromialgia.
Altre risposte sono state cercate attraverso la valutazione di una
possibile predisposizione genetica alla fibromialgia. In un recentissimo studio
è stata messa in evidenza la correlazione tra la presenza di alcuni polimorfismi a carico dei geni coinvolti nelle vie
serotoninergica, dopaminergica e catecolaminergica e l’eventuale
predisposizione allo sviluppo della fibromialgia
FIBROMIALGIA E ALIMENTAZIONE
Essendo la sindrome
fibromialgica una patologia cronica con una sintomatologia multifattoriale e
con una diagnosi non sempre facile anche per quanto riguarda l’alimentazione
non esiste una dieta specifica. Ma con degli accorgimenti adeguati attraverso una
correnta alimentazione si possono andare ad alleviare i sintomi in modo tale da
migliorare la qualità di vita dei nostri pazienti. Ricordando quanto detto
precedentemente sulla presenza di alterazioni a carico del sistema
neuroendocrino, del sistema immunitario a favore di un aumento dei processi
infiammatori, si può pensare di favorire l’assunzione di alimenti che vadano a
ridurre tale stato infiammatorio.
Tra gli alimenti
consentiti:
-
frutta e verdura di stagione
(elevato potere antiossidante e buon apporto di sali minerali);
-
proteine vegetali e animali
soprattutto provenienti da carni bianche e da pesce ricco anche in acidi grassi
essenziali (omega-3) che favoriscono l’abbassamento del colesterolo LDL;
-
Cereali integrali solo nel caso
in cui non ci sia una sintomatologia a livello gastrointestinale.
E‘ importante che
il paziente fibromialgico beva molta acqua (no bevande zuccherate) e che riduca
la quantità di sale nei cibi in quanto bisogna ridurre al minimo la comparsa di
edemi che sono frequenti soprattutto nel paziente fibromialgico obeso.
Limitare il consumo
di legumi (soprattutto fagioli e soia) a causa dell’elevato contenuto in
lectine (proteine in grado di stimolare fortemente il sistema immunitario ed
aumentare il processo infiammatorio a livello sistemico)
Ridurre l’assunzione
di zuccheri (soprattutto dolci). A tal proposito uno studio del 2017 ha messo
in evidenza come l’assunzione di una dieta low FODMAP (Fermentable
Oligosaccharides Disaccharides Monosaccharides And Polyols), in cui vengono
eliminati dalla dieta una serie di zuccheri apporti dei benefici nei pazienti
fibromialgici soprattutto in presenza di sindrome del colon irritabile.
Dott.ssa
Mariagrazia Apice
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